Sostegno alla lotta di un lavoratore in sciopero della fame.

Piacenza -

Voglio raccontare del perché ho deciso di sostenere la lotta di Malko, per due  forti motivazioni che mi hanno spinto. La prima è inerente al mio vissuto, metaforicamente parlando questo ragazzo mi fa da specchio, mi riporta indietro nel tempo a circa dieci anni fa quando avevo negli occhi la stessa disperazione e contemporaneamente la stessa voglia di riscatto nell’anima le quali mi spinsero ad entrare in una comunità terapeutica per porre fine ad una tossicodipendenza che si trascinava da anni.

Certamente il mio era un caso diverso, ma vi assicuro che l’avvilimento, l’angoscia e l’istinto di sopravvivenza erano gli stessi di questo giovane uomo. Per lo straniero, per il tossicodipendente, per  l’omosessuale, per il “diverso” in generale vige un denominatore comune chiamato emarginazione.

 

Attenzione, vi sto rendendo partecipi di tutto ciò poiché spero di farvi toccare con mano lo stato emozionale di questo lavoratore.

 

La seconda forte motivazione che mi esorta a sostenere la battaglia di Dritan è di tipo sindacale.

 

Nel mondo, ed in particolar modo in Italia, stiamo subendo come non mai un durissimo attacco ai diritti ed alla dignità del lavoro. Malko è solo la punta di un iceberg,  di un più vasto disegno neoliberista architettato per eliminare le conquiste ottenute dalla classe operaia in questi ultimi due secoli di lotte. Nel nostro paese questo progetto passa per Pomigliano per quanto riguarda il lavoro privato e abbraccia nel pubblico impiego il decreto legislativo 150/2009 voluto fortemente dal ministro Brunetta.

 

Lo scopo di questa pianificazione è distruggere le ultime sacche di sindacalismo organizzato ancora esistenti nel mondo del lavoro ed ha come fine ultimo l’eliminazione dei diritti per avere più produzione, più competitività, il tutto in nome del dio “profitto”, il quale sta spudoratamente riconquistando quel centro che per legge naturale dovrebbe essere  occupato dall’UOMO.

 

Ammettiamolo, le cooperative nate in origine come fortino a tutela del proletariato non hanno più questo significato, alcune piccole realtà di cooperazione trasportano ancora il seme del momento iniziale, ma per le grandi realtà la motivazione che fa da motore è fare business, in questo settore ho visto buste paga da fame, come del resto in altre realtà lavorative del nostro bel paese: a tal proposito inviterei alcuni dirigenti sindacali a provare a mantenere una famiglia con i suddetti stipendi.

 

In Italia, dove abbiamo la triade sindacale forse più potente d’Europa (anche dal punto di vista economico), di fatto abbiamo i salari con potere di acquisto tra i più bassi d’Europa, ”sindacalmente” parlando c’è un qualche cosa che non torna. La “concertazione” come modo di fare sindacato è ed è stata fallimentare, forse è il momento dell’azione diretta, del grido di protesta che giunge dalla base calpestata.

 

In  questo istante io e la mia organizzazione abbiamo un sogno nel cassetto, abbiamo il forte desiderio che tra qualche anno, quando tutto questo sarà finito, l’amico Malko in una tranquilla giornata settembrina possa prendere sulle ginocchia i suoi futuri figli (che sicuramente avrà) e che nel flusso dei ricordi racconti ai suoi cuccioli d’uomo di quei giorni a Piacenza quando Ditran ed i suoi compagni di USB si presero un piccolo pezzo di cielo.

 

Carlo Agosti– esecutivo provinciale Unione Sindacale di Base

 

*articolo pubblicato da Libertà del 9.06.2011