Mali: anno nuovo, guerra nuova.

Roma -

L'Italia si appresta nuovamente a diventare la base logistica per un intervento militare, questa volta in Mali, fortemente voluto dalla Francia, che desta non poche perplessità poichè gli interessi economici/commerciali dei transalpini fanno parte di un arco di crisi che investe tutto il Sahel, la fascia nevralgica che sotto il Sahara salda l'Africa bianca a quella nera e le risorse energetiche del Maghreb con quelle minerarie del Sud.

Una domanda allora sorge spontanea: che interessi ha dunque l'Italia in qesto conflitto?

In Mali, gli affari economici italiani sembrano trascurabili, soprattutto da quando l'Eni ha rinunciato alle concessioni petrolifere di Taoudeni in joint venture con l'algerina Sonatrach.

La guerra ci riguarda per i rapporti con la Libia ma anche con l'Algeria, il nostro secondo fornitore di gas.

Quest'ultima si è dimostrata incapace di bloccare l'avanzata prima dei Tuareg e poi degli islamisti, spingendo la Francia all'intervento militare.

Come la Francia, anche l'Italia è interessata al Sahel.

Sulla sponda Sud abbiamo un interscambio di 57 miliardi di euro l'anno e siamo sempre tra i primi tre partner economici di tutti i Paesi affacciati sul Maghreb.

La competizione Francia-Italia per il controllo delle risorse energetiche torna sulle scene internazionali come nel caso del conflitto libico.

Al grido di "la loro sicurezza è la nostra", un altro intervento militare italiano è stato autorizzato da un governo dimissionario che, come tale, dovrebbe gestire solo l'ordinaria amministazione.

E’ urgente e necessario dare un forte segnale per il “ripudio della guerra”, come enunciato dall’art.11 della nostra Costituzione ed entrare nel merito delle future scelte politiche chiedendo:

  • la riduzione delle spese militari, a partire dalla sospensione del progetto dei caccia F35

  • la cancellazione della “riforma dello strumento militare” - legge approvata a fine dicembre 2012 

  • lo stop al riarmo, dove si registra un incremento del 18% del fatturato nel 2012, nonostante la legge 185/90, con destinazione rivolta specialmente verso i Paesi del Medio Oriente

  • il blocco all’insediamento della basa militare del MUOS con l’installazione di potentissime antenne militari a Niscemi.