LA RIFORMA DEL SISTEMA PENSIONISTICO.

Roma -

Al solo fine di facilitare la conoscenza da parte di tutti coloro che sono interessati alla riforma del sistema pensionistico e per offrire informazioni a chi è destinato a rispondere alle richieste di chiarimenti da parte degli utenti, ritieniamo doveroso fornire alcune indicazioni sui contenuti dell’art. 24 della legge n. 214/2011.

L’approfondimento che segue farà continuamente riferimento ai singoli commi che compongono l’articolato, trascurando per il momento le ricadute o i giudizi che ci riserviamo di affrontare in un documento di anali più dettagliato.

Finalità della riforma.

Con il comma 1, il Legislatore spiega i fini della riforma previdenziale che sono, essenzialmente, collegati ai principi di equità e di convergenza tra generazioni ed all’interno delle stesse, con l’obiettivo di eliminare i privilegi esistenti nel vecchio apparato normativo.

In tale logica, nel rispetto degli impegni internazionali, dei vincoli di bilancio e della sostenibilità “di lungo termine” del sistema previdenziale, sono previsti momenti di flessibilità in accesso ai trattamenti pensionistici ed incentivi nella prosecuzione della vita lavorativa, nonchè adeguamenti sia alle variazioni legate all’allungamento delle prospettive di vita, che alla armonizzazione delle diverse gestioni previdenziali.

Introduzione generalizzata del sistema contributivo.

Con il comma 2 si stabilisce che, a partire dal 1° gennaio 2012, avendo come riferimento le anzianità contributive maturate successivamente, il sistema contributivo per quote di pensione corrispondenti alle stesse vale per tutti i lavoratori.

Questo sistema presenta una propria logica che è quella della c.d. “corrispettività”, nel senso che l’importo delle future rate pensionistiche va calcolato esclusivamente sui contributi versati (dedotte le spese di gestione), fermo restando che per il passato continua a valere il sistema precedente (se retributivo).

Con il metodo contributivo il trattamento pensionistico si calcola attraverso una moltiplicazione del montante contributivo individuale con il coefficiente di trasformazione: quest’ultimo varia in relazione all’età del lavoratore al momento del pensionamento ed all’aspettativa di vita.

Certificazione del diritto alla pensione.

Il comma 3 offre al lavoratore che entro il 31 dicembre 2011 abbia maturato i requisiti di età e di anzianità contributiva, previsti dalle vecchie disposizioni, la possibilità di ottenere la certificazione del diritto da chiedere all’Ente previdenziale di appartenenza.

A partire dal 1° gennaio 2012 per i soggetti che maturano i requisiti, secondo i regimi misto e contributivo, per le pensioni di vecchiaia, vecchiaia anticipata ed anzianità, si potrà parlare soltanto di:

a) pensione di vecchiaia, sulla base dei requisiti ex commi 6 e 7 (se ne parlerà successivamente) e fatte salve le eccezioni previste ai commi 14, 15 – bis e 18 (anche di questi se ne parlerà dopo);

b) pensione anticipata, conseguita soltanto con i requisiti previsti ai commi 10 e 11 e fatte salve le eccezioni previste ai commi 14, 15 – bis, 17 e 18 (anche su queste disposizioni ci si soffermerà successivamente).

Prosecuzione incentivata dell’attività fino a 70 anni.

Con il comma 4 viene introdotto il principio della continuazione dell’attività lavorativa dopo la maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

La prosecuzione sarà incentivata, nel rispetto dei limiti massimi ordinamentali, attraverso coefficienti di trasformazione fino all’età di 70 anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita, come previsto dall’art. 12 della legge n. 122/2010.

Questo sistema prevede una sorta di aggancio automatico dei requisiti anagrafici alla speranza di vita, finalizzato all’equilibrio delle gestioni previdenziali nel medio – lungo periodo.

L’aumento dei requisiti è agganciato in modo automatico alle rilevazioni periodiche dell’ISTAT.

L’applicazione, originariamente prevista dal 1° gennaio 2015 ma anticipata, nel corso del 2011, al 1° gennaio 2013, riguarda tutti i tipi di pensione.

Prevedendo la possibilità di incentivare la permanenza in attività lavorativa dopo il termine per la fruizione del diritto alla pensione, il Legislatore ha previsto anche di tutelare i lavoratori sotto l’aspetto della garanzia del posto di lavoro affermando che nei confronti di costoro l’efficacia delle disposizioni di tutela contenute nell’art. 18 della legge n. 300/1970 operano fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità (70 anni).

Ciò significa che vale, in caso di licenziamento individuale, la tutela reale o quella obbligatoria, a seconda che il datore di lavoro sia “dimensionato” o meno sopra le quindici unità.

Per completezza di informazione va ricordato come la regola generale dell’art.18 sia che il lavoratore non possa essere licenziato che per giusta causa o giustificato motivo e che una eventuale sentenza di illegittimità sia provvisoriamente esecutiva ai fini della reintegra (o del risarcimento del danno).

La tutela è “sul piano individuale”, nel senso che una eventuale procedura collettiva di riduzione di personale ex art. 4, 5, 16 e 24 della legge n. 223/1991 può ben interessare anche i lavoratori “incentivati” alla prosecuzione.

Va, poi, sottolineato come, a partire dal 1° gennaio 2012, finita la fase di “prima applicazione”, si applicano, ai fini dell’impugnativa giudiziale del licenziamento, i termini previsti dall’art. 32 della legge n. 183/2010 che ha innovato i primi due commi della legge n. 604/1966: 270 giorni dalla giorno in cui è stata comunicata al datore la volontà di impugnare la risoluzione del rapporto (ci sono 60 giorni di tempo) o 60 giorni dal rifiuto della richiesta facoltativa di conciliazione o dal mancato accordo per l’arbitrato irritale previsto avanti ad uno dei tanti organismi a ciò deputati o ex art. 412 – quater cpc.

Cancellazione delle finestre mobili.

Con il comma 5 vengono cancellate, a partire dal 1° gennaio 2012, le c.d. “finestre mobili”, non più coerenti con il nuovo sistema e che, tuttavia, secondo i dati INPS hanno, nel corso del 2011, ridotto il pensionamento per quasi il 30% rispetto all’anno precedente.

Esse restano, in ogni caso, per i “lavoratori usurati”.

Requisiti per la pensione di vecchiaia.

I commi 6 e 7 sono da mettere in stretta relazione con la lettera a) del comma 3 che ha parlato della pensione di vecchiaia.

Essa (comma 6), a partire dal 2012, richiede quale requisito anagrafico quello dei 62 anni per le lavoratrici con rapporto di lavoro subordinato del settore privato: l’età sale a 63 anni e 6 mesi a partire dal 1° gennaio 2014, a 65 anni con decorrenza 1° gennaio 2016, e, a regime, a 66 anni a far data dal 1° gennaio 2018.

Per le lavoratrici autonome la cui pensione è liquidata dall’assicurazione generale obbligatoria (AGO) o dalla gestione separata ex art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995 il requisito anagrafico è fissato a 63 anni e 6 mesi.

Esso sale a 64 e 6 mesi a partire dal 1° gennaio 2014, a 65 anni e 6 mesi a far data dal 1° gennaio 2016 per raggiungere i 66 anni con il 1° gennaio 2018.

Per tutti gli altri lavoratori dipendenti e per quelli autonomi (la cui pensione è a carico dell’AGO o della gestione separata) il requisito anagrafico dei 65 anni per l’accesso alla pensione di vecchiaia è aumentato a 66 anni.

Con il comma 7 il Legislatore, invece, generalizza il requisito minimo finalizzato al godimento della pensione di vecchiaia: esso, fermo restando quello anagrafico, prevede un’anzianità contributiva di almeno 20 anni. L’importo, non può essere inferiore a 1,5 volte quello previsto per l’assegno sociale: esso è annualmente rivalutato sulla base della valutazione media quinquennale del prodotto interno lordo (Pil) nominale, appositamente calcolata dall’ISTAT, con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare.

Requisiti anagrafici per il conseguimento dell’assegno sociale.

Parzialmente correlato a tale disposizione è il successivo comma 8 con il quale si stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il requisito anagrafico per il conseguimento dell’assegno sociale è incrementato di un anno.

Si ricorda che l’importo dell’assegno per l’anno 2011 è stato pari a 417,30 euro mensili.

Norma di salvaguardia.

Con il comma 9 viene inserita una c.d. “norma di salvaguardia”: per i lavoratori in carico all’AGO o alla gestione separata, i requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia (comma 6) devono essere tali da garantire un’età minima di accesso al trattamento pensionistico non inferiore a 67 anni per chi matura il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento dal 2021.

Requisiti per la pensione anticipata.

Con il comma 10 vengono stabiliti i requisiti minimi per l’accesso alla “pensione anticipata”, i quali sostituiscono “in toto” quelli che, in precedenza, si riferivano alle pensioni di anzianità.

Può accedere al trattamento pensionistico anticipato chi, nel corso del 2012, matura un’anzianità contributiva di 42 anni ed 1 mese, se uomo, o di 41 anni e 1 mese, se donna.

Nel 2013 e nel 2014 tale requisito aumenta, per ogni anno, di 1 mese.

La disposizione continua prevedendo una sorta di penalizzazione, pari ad 1 punto percentuale, per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni: la percentuale si eleva a 2 punti, per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai due anni. Se l’età del pensionamento non è intera, la riduzione percentuale è rapportata in proporzione al numero dei mesi.

Il comma 11 si occupa del diritto alla pensione anticipata in favore di coloro che hanno avuto il primo accredito contributivo dopo il 1° gennaio 1996.

Vi sono alcune condizioni da rispettare ai fini del godimento:

a) risoluzione del rapporto di lavoro in essere;

b) requisito anagrafico pari ad almeno 63 anni;

c) almeno 20 anni di contribuzione effettiva (cosa che sembra escludere la c.d.“contribuzione figurativa”);

d) ammontare mensile della prima rata di pensione che risulti essere non inferiore ad un importo soglia mensile, annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del Pil nominale, appositamente calcolato dall’ISTAT con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare, pari per il 2012, a 2,5 volte l’importo mensile dell’assegno sociale.

Meccanismo della c.d. “speranza di vita”.

Il comma 12 ricorda come a tutti i requisiti anagrafici previsti per l’accesso alle diverse modalità di pensionamento (vecchiaia, anticipata, assegno sociale, ecc.), trovi applicazione il meccanismo correlato alla “speranza di vita”, previsto dall’art. 12 della legge n. 122/2010: esso pensato, in precedenza, con una cadenza triennale, diviene biennale (comma 13) e scatterà dal 1° gennaio 2013.

Tale meccanismo trova la propria ragione d’essere nel fatto che l’allungamento della vita va correlato con la permanenza al lavoro la quale deve essere, simmetricamente, più lunga, per non appesantire il sistema previdenziale.

Ipotesi esonerative dal nuovo regime pensionistico.

Il successivo comma 14 è strettamente correlato con quelli precedenti che hanno stabilito i requisiti minimi per l’accesso al sistema pensionistico, nel senso che vi vengono trattate una serie di ipotesi “esonerative”.

Sono esentati dalla riforma, nei limiti delle risorse stabilite al comma 15 e sulla base della procedura ivi prevista:

a) i soggetti che maturano i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011 (poi, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214/2011) entro il 31 dicembre 2011;

b) le lavoratrici che hanno optato per il sistema contributivo (art. 1, comma 9, della legge n. 243/2004);

c) i lavoratori collocati in mobilità a seguito di procedura di riduzione collettiva di personale ex artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991 con accordo sindacale stipulato entro il 3 dicembre 2011, a condizione che gli stessi maturino i requisiti per il pensionamento durante la fruizione dell’indennità di mobilità (art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 223/1991);

d) i lavoratori collocati in mobilità lunga (art. 7, commi 6 e 7, della legge n. 223/1991), a seguito di accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre 2011;

e) i lavoratori titolari, alla data del 4 dicembre 2011, di prestazioni straordinarie a carico dei fondi di solidarietà di settore (art. 2, comma 28, della legge n. 662/1996) o per i quali accordi collettivi ne riconoscevano il diritto di accesso: in questa seconda ipotesi i lavoratori restano a carico dei fondi stessi almeno fino al compimento dei 59 anni, pur se maturino prima del compimento di tale età, i requisiti per l’accesso al pensionamento, previsti prima della riforma;

f) i lavoratori autorizzati prima del 4 dicembre 2011 alla prosecuzione volontaria della contribuzione;

g) i lavoratori del settore pubblico per i quali, alla data del 4 dicembre 2011, era in corso l’esonero dal servizio (art. 72, comma 1, della legge n. 133/2008), il quale viene considerato come tale se concesso prima del 4 dicembre: a partire da tale data sono abrogati i commi da 1 a 6 del predetto articolo 72 che trovano applicazione soltanto per i soggetti destinatari di detta norma.

Il Legislatore continua affermando che si considerano disapplicate le disposizioni previste da leggi regionali contenenti discipline analoghe a quelle dell’istituto dell’esonero dal servizio.

Alcuni approfondimenti si rendono necessari per le ipotesi concernenti i lavoratori in mobilità.Il dettato normativo (v. voce sub c) correla il requisito ad alcune condizioni: l’accordo sindacale, antecedente il 4 dicembre 2011, a seguito di una procedura di mobilità ed al fatto che durante la fruizione dell’indennità di mobilità i lavoratori interessati raggiungano il requisito anagrafico previsto dal vecchio regime pensionistico.

Così come è scritta la disposizione, al momento, “taglia fuori” coloro che sono stati licenziati al termine di una procedura collettiva di riduzione di personale conclusasi “senza” accordo sindacale (cosa possibile, atteso che il Legislatore “colpisce” la mancanza di accordo soltanto con una maggiorazione - 9 mensilità – dell’indennità da versare all’INPS, invece di 3) o coloro che sono stati licenziati per giustificato motivo oggettivo nelle imprese sottodimensionate alle sedici unità ove non trova applicazione l’iter procedimentale individuato dalla legge n.223/1991 ed ove, in linea di massima, la “copertura” dell’indennità di mobilità è temporalmente minore (si pensi, ad esempio, alla c.d. “mobilità in deroga”).

Parimenti, sono “fuori” anche coloro che hanno concordato la propria uscita, consensuale, “soft” attraverso incentivi all’esodo, sulla fondata speranza di godere l’accesso al trattamento pensionistico sulla base del vecchio “regime” allora esistente.

Un altro chiarimento va fornito in ordine all’indennità di mobilità richiamata dal Legislatore: il presupposto per poter accedere alla pensione con i vecchi requisiti è che durante il  “godimento” essi vengano a maturazione.

Tralasciando qualsiasi riferimento sia ai soggetti che possono iscriversi nelle liste di mobilità (l’elencazione è particolarmente lunga e “corposa” per effetto di disposizioni legislative e chiarimenti amministrativi “statificatisi” nel tempo) che alle modalità “tecniche” relative all’inserimento nelle liste, è opportuno ricordare la misura ed i requisiti della prestazione.

I lavoratori percepiscono l’indennità di mobilità per 12 mesi che divengono 24 se al momento della risoluzione dei rapporti gli stessi hanno un’età anagrafica superiore a 40 anni o 36 se l’età supera i 50 anni.

Questi sono gli importi:

a) 100% del trattamento di CIGS spettante per i primi 12 mesi (ossia l’80% della retribuzione);

b) 80% del trattamento CIGS dal 13° al 36° mese (64% della retribuzione).

Nelle aree svantaggiate del Meridione l’indennità viene corrisposta per un massimo di 24 mesi che diventano 36 per gli “over 40” e 48 per coloro che hanno superato, all’atto del licenziamento, i 50 anni di età.

L’ammontare dell’indennità è la seguente:

a) 100% del trattamento CIGS per i primi 12 mesi (ossia l’80% della retribuzione);

b) 80% del trattamento CIGS per i mesi dal 13° al 48° (ossia il 64% della retribuzione).

Per quel che concerne, invece, la c.d. “mobilità lunga” attraverso la quale i lavoratori che presentano determinati requisiti sono accompagnati fino alla pensione, occorre far riferimento ad una serie di disposizioni, ripetutesi nel tempo attraverso le leggi finanziarie o i c.d. “decreti mille proroghe” di fine anno, rispetto alle quali è, ad esempio, opportuno ricordare, tra le norme originarie, sia l’art. 1-bis della legge n. 81/2003 che l’art. 1, comma 1189, della legge n. 296/2006.

Prescindendo dalle qualificazioni soggettive (riferite alle imprese), ai territori interessati, alle sedi nei quali è intervenuto l’accordo sindacale, alle istanze presentate al Ministero del Lavoro ed al numero complessivo dei lavoratori ammessi, si ricorda che i lavoratori debbono far valere, all’atto del recesso, un requisito pari ad almeno 28 anni di contribuzione obbligatoria, con una possibile rivalutazione (coefficiente 1,5) per le settimane in cui gli interessati possano far valere, eventualmente, l’esposizione (provata) all’amianto (art. 13 della legge n. 257/1992).

Con il comma 15 il Legislatore affida agli Enti previdenziali il monitoraggio delle istanze di pensione presentate ex comma 14: gli stessi dovranno fissare il numero massimo delle domande accoglibili nel limite massimo delle risorse disponibili che sono 240 milioni di euro per il 2013, 630 milioni di euro per il 2014, 1.040 milioni per il 2015. 1.220 milioni di euro per il 2016, 1.030 milioni per il 2017, 630 milioni di euro per il 2018 e 300 milioni per il 2019.

Nel corso del dibattito parlamentare è stato inserito il comma 15 –bis attraverso il quale si è cercato di fornire una soluzione al problema dei c.d. “nati nel 1952”: coloro che al 31dicembre 2012 possono vantare un’anzianità contributiva di 35 anni e che avrebbero maturato i requisiti per andare in pensione, possono conseguire il trattamento di pensione anticipata al compimento dei 64 anni.

Per le lavoratrici donne è previsto un analogo trattamento, nel senso che possono conseguire il trattamento pensionistico a 64 anni, qualora maturino un’anzianità contributiva di almeno 20 anni alla data del 31 dicembre 2012, con un’età anagrafica di almeno 60 anni.

Coefficiente di trasformazione.

Il comma 16 ha un contenuto esclusivamente tecnico: affida, infatti, ad un decreto direttoriale, l’estensione del coefficiente di trasformazione alle età corrispondenti a valori fino a 70.

Adeguamenti per il lavoro usurante.

Il comma 17 adegua, invece, la disciplina sui lavori usuranti alle novità previste dalla nuova disciplina.

Vale la pena di ricordare come, per effetto del D.L.vo n. 76/2011, sia stata fornita disciplina completa alla materia: su questa è, ora, intervenuto l’art. 24: sono lavoratori “usurati” coloro che per almeno 7 degli ultimi 10 anni hanno prestato la loro attività in specifici settori: lavori nelle cave ed in galleria, nel vetro, alla catena di montaggio, alla conduzione di autobus e pullman turistici.

A questi si aggiungono anche i c.d. “lavoratori notturni” i quali, però, debbono aver prestato la loro attività per almeno 64 notti l’anno (o 78 per chi ha maturato i requisiti tra il 1° gennaio 2008 ed il 30 giugno 2009).

Il D.L.vo n. 67/2011 offriva a tali soggetti la possibilità di andare in pensione di anzianità con 3 anni di anticipo (58 anni invece di 61), condizionandola alla c.d. “quota 94” (ad esempio, 58 anni e 36 anni di contributi): ora, nel 2012, coloro che hanno svolto lavori usuranti possono andare in pensione soltanto se raggiungono per intero la quota già prevista dalla legge n. 244/2007: ossia, la somma tra età anagrafica (almeno 60 anni) e contribuzione deve dare 96: nel 2013 il “tetto” aumenta, nel senso che la somma deve risultare 97, con almeno 61 anni di età.Altre importanti novità introdotte con il comma 17, si riferiscono alla quota necessaria per coloro che svolgono l’attività su turni e che lavorano di notte per almeno 6 ore per meno di 78 giornate.

Coloro che lo hanno fatto in un numero compreso tra le 64 e le 71 devono raggiungere, nel 2012, quota 98 (con almeno 62 anni di età e 36 di contribuzione); se, invece, il numero delle giornate è compreso tra 72 e 77, la quota da “toccare” è 97 (con 61 anni di età anagrafica).

Apartire dal 2013 la soglia sale ancora: nel primo dei due casi occorre raggiungere quota 99 (e 63 anni di età), nel secondo è sufficiente raggiungere 98 (con 62 anni di età).Il successivo comma 17 –bis opera una deroga alla disciplina generale che al comma 5 ha “cancellato” le finestre mobili: queste restano per i lavoratori “usurati” che maturano i requisiti dal 1° gennaio 2012.

Adeguamento dei requisiti minimi per le gestioni pensionistiche diverse dall’AGO.

Con il comma 18 il Legislatore si preoccupa di intervenire su quei regimi e gestione pensionistiche nelle quali siano vigenti requisiti diversi (minori) da quelli vigenti, in via generale, nell’assicurazione generale obbligatoria: tutto questo in un’ottica di piena armonizzazione, dovrà avvenire con DPR entro il 30 giugno 2012, su proposta “concertata” tra i Ministri del Lavoro e dell’Economia.

Totalizzazione dei contributi.

Il successivo comma 19, intervenendo sull’art. 1, comma 1, del D.L.vo n. 42/2006, elimina il limite minimo di 3 anni finalizzato alla totalizzazione dei contributi necessari per il pensionamento.L’origine dell’istituto è nell’art. 71 della legge n. 388/2000: l’obiettivo che ci si proponeva era quello di facilitare il lavoratore che non avesse raggiunto il minimo in alcuna forma pensionistica, di cumulate ed utilizzare le singole contribuzioni.

Con la legge n. 243/2004 l’Esecutivo fu delegato a “revisionare” il principio della totalizzazione, estendendolo anche ai casi in cui fossero stati raggiunti i requisiti minimi per il diritto al trattamento pensionistico in uno dei fondi ove risultavano accreditati i contributi: il Governo, attuò la delega, attraverso il D.L.vo n. 42/2006.

La totalizzazione fa sì che il lavoratore possa utilizzare i diversi periodi di iscrizione alle varie gestioni previdenziali per un unico trattamento pensionistico, il quale viene posto, in maniera proporzionale, a carico delle singole gestioni che hanno riscosso le relative contribuzioni, ivi comprese quelle della gestione separata INPS.

Tre sono i requisiti fondamentali per la totalizzazione:

a) il lavoratore non deve essere titolare di alcun trattamento pensionistico, cosa che è di ostacolo alla stessa;

b) presenza di contributi da totalizzare: fino al 31 dicembre 2007, per effetto del D.L.vo n.42/2006, la contribuzione minima presso ogni gestione interessata non doveva essere inferiore a 6 anni. Con l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 47, della legge n.247/2007, il limite della contribuzione passò a 3 anni. Ora, per effetto, della novità introdotta con il comma 19, non c’è più un limite, sicchè risulta possibile cumulare qualsiasi periodo di contribuzione;

c) contribuzione piena e per intero riferita ai periodi da totalizzare: questo principio sta a significare che eventuali omissioni o irregolarità contributive non sono ammesse (è, quindi, necessario, ad esempio, procedere, nei limiti prescrizionali, alla rivendicazione delle omissioni o delle differenze contributive, anche attraverso una denuncia agli organi previdenziali o di vigilanza delle Direzioni Territoriali del Lavoro).

Ogni gestione previdenziale interessata determina, ai sensi del D.L.vo n. 180/1997, il trattamento pensionistico per la propria quota in rapporto al periodo di iscrizione, sulla base del puro sistema contributivo.

Pensionamento dei dipendenti pubblici ex art. 72 della legge n. 133/2008.

Il comma 20 si occupa, invece, dei dipendenti pubblici ed, in particolare, degli effetti scaturenti dall’attuazione dell’art. 72 della legge n. 133/2008, affermando che nei confronti di chi matura i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2012, occorre tenere conto dei nuovi requisiti di accesso al pensionamento. Tuttavia, per non vanificare gli effetti concernenti il processo di razionalizzazione e di riduzione del personale in corso in tutte le Pubbliche Amministrazioni (si fa riferimento all’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001), restano salvi i provvedimenti di collocamento a riposo adottati prima del 4 dicembre 2011, anche se aventi effetto dopo il 1° gennaio 2012.

La norma appena descritta, riferita ai nuovi limiti, avrà effetto anche nella possibile procedura di messa in disponibilità del personale in esubero nella Pubblica Amministrazione prevista dall’art.33 del D.L.vo n. 165/2001 (di recente, riscritto completamente dall’art.16 della legge n. 183/2011) in quanto il limite di 40 anni di contribuzione che abilitava l’Amministrazione a risolvere previo preavviso di 6 mesi, il rapporto di lavoro, è stato elevato.

Contributo di solidarietà.

Viene istituito un contributo di solidarietà (comma 21) per il periodo compreso tra il 1°gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2017 a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioniprevidenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea.

La misura del contributo è riportata nella Tabella A dell’Allegato n. 1 alla legge n. 214/2011 e la suadeterminazione scaturisce in rapporto al periodo di iscrizione antecedente l’armonizzazione prevista dalla legge n. 335/1995 ed alla quota di pensione calcolata sulla base di parametri migliori rispetto all’AGO.

Sono escluse le pensioni di importo pari od inferiore a 5 volte il trattamento minimo INPS, le pensioni e gli assegni di invalidità e le pensioni di inabilità.

Maggiorazione delle aliquote contributive per i lavoratori autonomi.

A partire dal 1° gennaio 2012 (comma 22) le aliquote contributive pensionistiche degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti iscritti alle gestioni autonome INPS subiscono un incremento destinato a raggiungere nel 2018 il 24%.

Il primo al 2012 è dell’1,3%, quello degli anni successivi dello 0,45%: di conseguenza (comma 23) le aliquote contributive pensionistiche relative a coltivatori diretti, mezzadri e coloni vengono rideterminate nella misura prevista dalle tabelle B e C contenute nell’Allegato n. 1.

Per i commercianti e gli artigiani l’importo dei contributi pensionistici si computa avendo quale parametro di riferimento il reddito denunciato ai fini IRPEF relativamente all’anno preso in considerazione: ci sono, poi, alcune variabili (di non facile spiegazione in questa breve riflessione) che tengono conto dell’anzianità contributiva, delle fasce reddituali e di minimali e massimali di reddito, con valori che vengono aggiornati ogni anno.

Al momento, le aliquote contributive dei commercianti, rispetto agli artigiani, sono leggermente più elevate (0,09%), in quanto scontano una “finalizzazione” nel fondo destinato all’indennizzo di chi, a determinate condizioni (art. 19 – ter della legge n. 2/2009, come sostituito dall’art.35 della legge n. 183/2010), cessa la propria attività.

Adeguamenti per le Casse di previdenza private.

Con il comma 24 il Legislatore, partendo dalla considerazione che vi sono categorie professionali che gestiscono la previdenza attraverso strutture autonome rispetto alla casistica generale, ha previsto alcuni correttivi finalizzati ad assicurare l’equilibrio nel medio – lungo periodo: per far ciò ha stabilito che entro il 30 giugno 2012 le Casse di previdenza private dovranno adottare i necessari correttivi finalizzati all’equilibrio tra entrate ed uscite per prestazioni di natura pensionistica, “secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di 50 anni”: tali delibere sono soggette all’approvazione delle Amministrazioni vigilanti che hanno, altresì l’obbligo, di esprimersi entro 30 giorni dalla ricezione delle delibere.

Se ciò non accadrà o se sarà stato espresso un parere negativo da parte dei Ministeri vigilanti si applicheranno, a partire dal 1° gennaio 2012, in via automatica, il sistema del calcolo contributivo “ pro rata”(da valere, ovviamente, per il futuro) ed un contributo di solidarietà a carico di tutti i pensionati pari all’1% per gli anni 2012 e 2013.

Rivalutazione limitata dei trattamenti pensionistici.

Il comma successivo, il 25, limita la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, nella misura del 100%, soltanto a quelli di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS.

Tutela per malattia per i professionisti iscritti soltanto alla gestione separata INPS.

L’art. 1, comma 778, della legge n. 296/2006 prevede tutele in materia di malattia per i collaboratori coordinarti e continuativi, anche a progetto: ora, il comma 26, estende tale tutela anche ai professionisti, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, purchè iscritti alla gestione separata prevista dall’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995.

Fondo per le iniziative finalizzate all’occupazione giovanile e femminile.

I commi 27 e 27 –bis vanno letti unitariamente, atteso che riguardano la istituzione di un Fondo per il finanziamento di iniziative finalizzate a favorire l’occupazione giovanile e quella femminile in termini quali – quantitativi: le modalità istitutive ed i criteri saranno fissati in un decreto “concertato” tra Lavoro ed Economia.

Il Fondo è finanziato per l’anno 2012 con 200 milioni di euro, con 300 milioni per il 2013 ed il 2014 e con 240 milioni per il 2015.

E’ opportuno ricordare come l’occupazione con contratto a tempo indeterminato dei giovani fino a 35 anni e delle donne sia stata già oggetto di alcune agevolazioni “incrementali” rispetto alla deduzione ex art. 11, comma 1, lettera a) del D.L.vo n.446/1997: essa (art. 2, commi 1 e 2 della legge 214/2011) è pari, per ogni assunzione a tempo indeterminato, a 10.600 euro, importo che, nelle Regioni del Mezzogiorno, arriva a 15.200 euro.

Commissione di studio per possibili graduali aggiustamenti.

Il comma 28 istituisce, a costo zero, con il solito decreto “concertato” tra Lavoro ed Economia, una commissione composta da esperti, da rappresentanti degli enti gestori della previdenza obbligatoria e da Autorità di vigilanza operanti nel settore, il cui scopo è quello di valutare, entro il prossimo 31 dicembre 2012, nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, possibili gradualità ed aggiustamenti nell’accesso pensionistico determinato attraverso il metodo contributivo.

Ugualmente, sempre entro il suddetto termine, potrebbero essere ipotizzate forme di decontribuzione parziale dell’aliquota obbligatoria finalizzate esclusivamente verso schemi previdenziali integrativi con particolare riguardo ai giovani.

Attività promozionale del Ministero del Lavoro e degli Enti previdenziali.

Nel quadro del nuovo modello pensionistico è, altresì, prevista un’attività di natura promozionale.

La prevede il comma 29 il quale afferma che il Ministero del Lavoro, unitamente agli enti gestori della previdenza obbligatoria, elabora, con cadenza annuale, programmi coordinati di informazione e di educazione previdenziale.La campagna promozionale deve tendere a diffondere la consapevolezza della necessità dell’accantonamento di risorse a fini previdenziali, anche per l’assolvimento di quanto previsto dall’art. 38 della Costituzione.

In tale quadro potrebbero trovare spazio iniziative condotte, congiuntamente, dalle Direzioni Territoriali del Lavoro e dalle sedi provinciali dell’INPS, non dimenticando che le prime, per effetto di quanto previsto dall’art. 8 del D.L.vo n. 124/2004, hanno, tra i loro compiti, quello di svolgere attività informativa e promozionale sui nuovi provvedimenti (e sulle conseguenti interpretazioni ministeriali) in materia di lavoro e legislazione sociale.

Tavolo di confronto per la riforma degli ammortizzatori sociali.

Il comma 30 prevede un onere, a carico dell’Esecutivo che, già, è stato assolto con i previsti incontri fissati con le parti sociali nel mese di gennaio 2012: infatti, la promozione di un tavolo di confronto per il riordino degli ammortizzatori sociali, degli istituti di sostegno al reddito e della formazione continua (c’è, tra l’altro, una delega espressa nell’art. 46 della legge n. 183/2010, da esercitare entro il prossimo 24 novembre 2012) si inserisce in quel disegno, di portata generale, di riforma del mercato del lavoro che sarà, a breve, affrontato.

Tassazione delle quote di TFR sopra 1.000.000 di euro e dei compensi degli amministratori di SpA.

Con il comma 31, infine, il Legislatore affronta il tema del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e della relativa tassazione relativamente alle quote eccedenti 1.000.000 di euro,erogate sia in denaro che in natura.

Non è più previsto il regime della tassazione separata ex art. 19 del Tuir, attesochè concorrono alla formazione del reddito complessivo.

Le medesime disposizioni si applicano anche a tutti i compensi e le indennità, a qualsiasi titolo, erogate agli amministratori delle società di capitali. La valenza temporale delle disposizioni appena descritte decorre dal 1° gennaio 2011, per tutte le indennità ed i compensi per i quali risulta maturato il diritto alla percezione.