10.000 lavoratori civili in esubero per gli investimenti della Difesa.

Roma -

La proposta di riforma complessiva dello strumento militare e l'impostazione del Nuovo Modello di Difesa sono gli argomenti illustrati dal Sottosegretario Magri nell’incontro a Gabinetto Difesa del giorno 29 marzo.

 

Nella premessa, è stata annunciata che la stesura finale del disegno di legge delega, contenente i provvedimenti in questione, avverrà presumibilmente entro la fine del mese di Aprile, garantendo l’impegno di un costante dialogo e confronto con il sindacato in ogni fase di avanzamento del progetto in argomento.

 

Confermando gli obiettivi di una maggiore razionalizzazione generale, riduzione degli sprechi, progressiva e responsabile riduzione del personale nell’arco di 10 anni, maggiore efficienza e produttività dei dipendenti civili, è stato illustrato come il programma di riforma è indirizzato ad una gestione dei fondi della Difesa che prevede la razionalizzazione o l’unificazione di comandi, enti e strutture legate alla logistica, alla formazione ed all’amministrazione specialmente dove queste sono analoghe tra Esercito, Aeronautica e Marina.

 

Una particolare attenzione è stata rivolta all’esame della problematica del personale eccedente che, per il personale militare, prevede il transito contingentato nei ruoli civili del dicastero, come in altre amministrazioni, con l’utilizzo della tabella di equiparazione e l’integrazione delle risorse del FUA mentre, per la componente civile, l’utilizzo della mobilità interna/esterna e l’utilizzo del part-time come misura di garanzia assistita per far fronte alla riduzione di personale.

 

In grande considerazione è stato posto l’istituto della formazione del personale, considerata di vitale importanza per il raggiungimento di maggiore efficienza e produttività dei dipendenti civili, e la soluzione dell’annosa problematica dei dipendenti di Area Prima.

 

Questo il contenuto dell’esposizione del Sottosegretario Magri al quale abbiamo rivolto le nostre osservazioni nonchè il nostro dissenso, a partire dall’analisi dell’aspetto economico sul quale si basa l’azione della riforma che trova, tra le ragioni, l’eccessivo costo della spesa del personale (attualmente al 70% del capitolo) dove il personale militare incide sullo stanziamento per 9.462,3 milioni di euro (pari al 56%) mentre quella del personale civile per il 9,8%.

 

Abbiamo dichiarato che la necessità di un taglio di 10.000 lavoratori civili, seppur nell’arco di 10 anni, risalta come il contributo della componente civile per la soluzione di un problema economico non ad essa attribuibile.

 

L’esclusione di questo personale dal dicastero della Difesa è una scelta politica, mirata al progressivo spostamento delle funzioni proprie da questa componente a quella militare e privata.

 

Abbiamo ricordato che il taglio complessivo di 11.500 posti in organico nell’ultimo triennio è stato un tributo molto pesante, il massimo che si poteva chiedere alla componente civile che ha come riflesso un maggior carico di lavoro e di responsabilità.

 

Le risorse ricavate con il taglio di una parte del personale andranno solamente a coprire le maggiori spese previste per l'esercizio (formazione e manutenzione) ed investimento (sistemi d'arma).

 

Il riequilibrio tra i costi del personale e le altre voci di spesa militare non si configurerà come un dimagrimento dei fondi che lo Stato spende in questo comparto, sempre e stabilmente oltre i 21 miliardi di euro, ma un vantaggio automatico e forte per l'industria a produzione militare e un assegno in bianco pronto ogni anno per pagare scelte di acquisizione di sistemi d'arma che una volta fatte vincoleranno il nostro Paese per decenni.

 

Sul bilancio dello Stato, al momento, incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d'arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026.

 

Da un lato c'è un comparto già fortemente penalizzato dal punto di vista dei tagli alle risorse, degli stipendi del personale, della formazione, dell'addestramento e dell'esercizio, dall'altro non c'è il minimo intento di diminuire le ingenti spese militari.

 

Le nostre proposte di inversione hanno sempre trovato come risposta solo dei dati di spesa in difesa acritica di una situazione evidentemente problematica, dove invece era necessario attivare processi reali e partecipativi di confronto per la ricerca delle adeguate soluzioni. 

 

Ora che tali problemi vengono velatamente riconosciuti, forse più per obbligo congiunturale che per convinzione profonda, la risposta fornita non entra nella sostanza delle questioni.

 

Il contenimento delle spese incide solo sulla pelle delle persone e non tocca gli sprechi e le tasche di chi permette tutto questo?

 

Bisognava intervenire già da tempo questa tendenza perchè in quel pozzo senza fondo sono finiti inutilmente tantissimi soldi pubblici, e quindi, quello che non si è voluto fare ieri, bisogna farlo oggi.

Pertanto, abbiamo dichiarato che non potremmo mai concordare su questa riforma complessiva dello strumento militare e sulla scelta di riduzione della componente civile poiché ha effetti penalizzanti in termini di salario e di perdita del posto di lavoro e perché non si è mai messo in discussione la struttura del sistema difesa che riesce a superare la scure dei tagli con meno danni di altri settori pubblici.

 

Abbiamo nuovamente affermato la nostra posizione per:

  • la piena attuazione, attraverso idonei e veri strumenti operativi, del processo di valorizzazione professionale del personale civile di tutte le aree del Dicastero;
  • il trasferimento delle conoscenze e delle abilità operative del personale a nuove assunzioni o a figure professionali avviate con accordi territoriali di formazione;
  • l’internalizzazione delle lavorazioni anche in collaborazione con soggetti privati "adeguati" laddove sia necessaria una pronta risposta di natura operativa;
  • avviare un percorso che punti a finanziamenti selettivi attraverso i quali si definiscano le priorità e le reali necessità del settore, investire minori risorse ma meglio mirate;
  • rivedere il quadro complessivo delle spese militari prevedendo una razionalizzazione delle risorse e destinando parte di quelle stanziate per armamenti alla formazione, addestramento e riqualificazione del personale del dicastero.

 

Dopo la manovra Salva Italia, che ha chiesto pesanti sacrifici a tutto il Paese con tagli a pensioni, sanità e welfare, ci saremmo aspettati un contributo anche dal comparto Difesa, specialmente con la soppressione di inutili e costosi sistemi d'arma come il cacciabombardiere F-35 Joint Strike Fighter.

 

Abbiamo rappresentato l’impegno di USB Difesa nel sollecitare le forze politiche presenti in Parlamento per l’avvio di questo ragionamento perchè non è tollerabile che si pretenda di continuare a decidere tra i soliti, pochi, addetti ai lavori per poi presentarsi al Parlamento e agli italiani con un pacchetto chiuso da prendere o lasciare.

 

I soldi che si sprecano all'ombra della cosiddetta Difesa servono qui e ora per salvare posti di lavoro e le molte vite umane strapazzate dalla crisi e dalle ingiustizie.