Cura dimagrante e snellimento del personale per foraggiare l'industria bellica nazionale.

Roma -

Davanti ai membri della Commissione Difesa della Camera dei Deputati prende vita la discussione sulla “Revisione dello strumento militare nazionale”.

 

Sembra il titolo di un ambizioso progetto ma in realtà è uno spregiudicato piano organizzato per sostenere l'industria bellica nazionale.

 

Era l'anno 2009 quando Pier Francesco Guarguaglini – presidente e Amministratore Delegato di Finmeccanica – formulava ufficialmente la richiesta di “una legge che consenta di finanziare adeguatamente il procurement, lo sviluppo di tecnologie e il mantenimento in servizio riducendo sensibilmente gli organici, sia civili che militari…” per l'avvio del più imponente piano di snellimento degli organici delle Forze Armate.

 

Il significato di quelle parole era chiaro: in un periodo di crisi economica occorre licenziare il personale per poter continuare a foraggiare l'industria bellica.

 

Detto fatto!

 

A quel tempo, il programma di riduzione degli organici del personale era un progetto al quale Di Paola, allora Capo di Stato Maggiore della Difesa, già si dedicava.

 

Il presidente Monti questo non poteva non saperlo e quindi la nomina dell'ammiraglio Di Paola come Ministro della Difesa non è stata una scelta casuale.

 

Appena insediato via XX settembre, l'ammiraglio ministro ha subito attuato il suo programma: una drastica riduzione di 50.000 uomini e donne tra civili e militari rispetto ai modelli esistenti, a tutto vantaggio degli investimenti secondo una logica di "percentuali".

 

Riequilibrare le spese per accontentare gli appetiti dell'industria bellica nazionale e della partitocrazia.

 

È questa la missione dell'ammiraglio!

 

Il Governo sopravvive a colpi di fiducia, le manovre fiscali spacciate per “spending review” e la legge di bilancio nel 2013 gonfieranno con 1.153 milioni di euro il portafoglio del Ministero della Difesa che si potrà permettere di comprare nuove armi e moderni giocattoli tecnologici.

 

Però avrà avuto il merito di aver avviato il più imponente processo di “revisione” e di aver salvato comunque e sempre i privilegi delle più alte cariche militari.

 

Una cura dimagrante e una epurazione in nome degli affari e del profitto.

 

Altro che quella "revisione e razionalizzazione" impegnativa e coraggiosa per il bene del paese.

 

E' chiaro che l'affare, come si sta sviluppando, si sposa eccellentemente col "rigore e moralismi a senso unico": quelli verso il basso, verso chi non ha difese, verso i lavoratori e quindi tutti i cittadini.

 

Ovviamente tutto questo prosegue sotto gli occhi vigili della solita e inutile rappresentanza sindacale concertativa che, tra un comunicato stampa e l'altro, si rivolge al Ministro con toni di contrarietà al suo progetto ma poi, alla prova dei fatti – come è già avvenuto in passato - si mostra rassegnata alla sua assoluta inutilità.

 

Questo avviene nell'ambito della Difesa, uno tra i settori più importanti della Pubblica Amministrazione e della società.

 

L'opinione pubblica e l'informazione è però assai più attenta e sensibile di un tempo a questi temi, come anche ai risparmi che potrebbero derivare dalla riduzione degli sprechi e dei privilegi, dal taglio dell'acquisto degli F35 e di tutti gli inutili armamenti.

 

                           

Da molti anni, USB Difesa presenta proposte e sostiene iniziative al fine di sensibilizzare i lavoratori e la politica per un cambio di rotta verso un progetto sostenibile di società fondata sul lavoro e uno stato sociale per tutti, in armonia con le esigenze funzionali di uno Stato rivolto al "meglio" per i suoi  cittadini, dove non sono previsti spregiudicati politici e cinici faccendieri.