Difesa Servizi Spa: La Russa vuole trasformare l'Arsenale di Venezia in Grand Hotel.

Roma -

È uno dei Comuni più estesi d’Italia, ma non «possiede» il suo territorio. Vanta palazzi storici strabilianti, ma tutti dipendono da Roma. Per Venezia il federalismo demaniale significa anche riappropriarsi di se stessa.

 

Tra i canali si scatenano sospetti e indiscrezioni sui grandi affari immobiliari che qualcuno vorrebbe realizzare, approfittando di questo «trapasso» dal centralismo al federalismo.

 

Si parla di potentati economici, che avrebbero messo da tempo gli occhi sull’Arsenale, la magnifica struttura lasciata in eredità dagli antichi fasti della Repubblica marinara.

 

Nella partita in questione tra Stato e Comune di Venezia c'è un terzo incomodo ingombrante: la Difesa Servizi Spa, la nuova società voluta dal “generalissimo” Ignazio La Russa e dal suo luogotenente Guido Crosetto che non ha alcuna intenzione di mollare la presa sull'Arsenale, vero cuore culturale della città lagunare.

 

Con il governo Prodi il Comune era a un passo dall'acquisizione di questo gioiello urbanistico, fatto di caserme, aree di carenaggio, edifici industriali dismessi. Ma la crisi e il cambio di maggioranza ha azzerato tutto.

 

Oggi, con il federalismo sbandierato dai nuovi governanti venuti proprio da nord-est, i dogi veneziani vengono beffati di nuovo: nelle liste di beni demaniali in odore di trasferimento in circolazione – tra cui nessuna è quella definitiva – compare ogni ben di Dio: edifici storici, vincolati, bellezze naturali e artistiche.

 

Di tutto di più, meno che l'Arsenale. Proprio quello che vorrebbe il Comune.

 

Sembra facile, ma la strada è tutta in salita. È davvero scontato che le strutture militari, anche dismesse, non rientrino nella partita federale? E cosa vorrebbero farne gli alti comandi? Due domande che al solo pronunciarle si rischia un terremoto cittadino.

 

«Prima di tutto non esiste un demanio militare: la Difesa utilizza beni demaniali a scopi di difesa: quando questi cessano quel bene torna alle Finanze» (…).

Così Roberto D'Agostino, presidente dell'Arsenale Spa smonta le fondamenta delle mire immobiliari di La Russa &Co.

 

La Difesa, è l'accusa dei vertici della società mista Demanio-Comune (unico esempio in Italia), utilizza solo una minima parte dei 30 ettari di cui dispone. Il resto sta andando in rovina.

 

Da quando il Ministero ha deciso di riconvertire le sue competenze di base da operazioni di «peace keeping» al business immobiliare sono spuntati vari progetti su quel prezioso fazzoletto di terra al centro della laguna.

 

Ci si vorrebbe creare un bell'hotel, magari a cinque stelle. Peccato che il Comune abbia in mente tutt'altra destinazione per quella porzione di Arsenale, mantenuta “manu militari” pur essendo circondata dalla zona del demanio «civile».

Si pensa a una struttura ricettiva per gli artisti della biennale, o a una foresteria.

 

Tutt'altro che un Grand Palais per ricchi.

Evidentemente c'è chi pensa al business, e chi pensa alla città.

 

Eppure lungo i canali sono in molti a sospettare iperboliche trame d'affari intorno all'Arsenale.

 

Basta leggere i nomi dei consulenti di Difesa Servizi Spa, con personaggi legati a doppio filo a Ligresti.

 

Ligresti?

 

Proprio Salvatore Ligresti, coinvolto nei più ricchi affari urbanistici di Milano (Expo 2015, Fiera e Garibaldi-Repubblica), di Firenze, Castello e Manifattura Tabacchi di Torino.

 

Ligresti delle inchieste mai terminate di Falcone e Borsellino, il finanziere siciliano dalle origini misteriose, l’uomo chiacchierato per i suoi presunti rapporti mafiosi, il palazzinaro travolto dagli scandali, l’imprenditore sull’orlo del fallimento salvato dalle banche, il pregiudicato di Tangentopoli affidato ai servizi sociali ma anche il Presidente della Fondiaria Sai, nota assicurazione che imparentata con Generali entra e controlla la Unicredit.

 

Ligresti, l’uomo che Silvio Berlusconi voleva usare per addomesticare il «Corriere della sera».

 

Ma anche con la famiglia La Russa il rapporto è storico: don Salvatore era fin dagli anni Sessanta molto vicino al patriarca, il senatore missino Antonino La Russa, suo compaesano di Paternò, in provincia di Catania.

 

Il figlio di Antonino, Ignazio La Russa, lo ha visto crescere: ragazzino, poi mazziere del Msi, infine leader e presidente dei deputati di An.

 

A lui Ligresti mise addirittura a disposizione la sua tv, Telelombardia, che ha contribuito a rendere famosa quella faccia luciferina.

 

Anche con Antonino Junior Geronimo La Russa, il ventottenne figlio di Ignazio, che dopo avere fatto ingresso nel dicembre dello scorso anno nel cda di Premafin, la finanziaria dei Ligresti, ha aggiunto adesso un ulteriore tassello alla consolidata amicizia con Paolo, il terzogenito di Salvatore.

Lo scorso 21 ottobre è stato infatti nominato consigliere in Gilli, griffe italiana di borse e accessori ideata da Giulia Ligresti.

 

Il ruolo di Geronimo fa così il paio con quello di suo zio, Vincenzo La Russa, ex parlamentare ed ex eurodeputato.

 

Nella galassia del gruppo Ligresti il fratello maggiore di Ignazio ricopre da tempo l' incarico di membro del consiglio di amministrazione e membro dell' esecutivo di Fondiaria Sai, oltre che quello di consigliere in Immobiliare Lombarda, la controllata attiva nel settore real estate che ha concluso l' operazione di delisting alla fine di ottobre.

 

E mentre La Russa prospetta mirabolanti architetture immobiliar-finanziarie, l' Arsenale resta nella paralisi.

 

Con la Biennale “ospitata” in area militare con concessioni triennali, ampie aree spesso lasciate al degrado, e con l'Arsenale Spa che occupa la cosiddetta “Parte Nuovissima” (edificata nel '500), con la missione di gestire al meglio il patrimonio pubblico veneziano.

 

Il Comune ha un piano articolato per l'intera area, che alla zona militare ne affiancherebbe altre tre: quella culturale, quella della produzione hard (con i bacini di carenaggio) e l'ultima con la produzione cosiddetta soft, con centri di ricerca.

 

Ma il Piano è destinato ad arenarsi con l'incertezza patrimoniale, tra militari che non mollano e vari soggetti che da anni occupano alcune parti.