«E' ora di bocciare sul serio gli F-35».
Dopo il ripensamento di Bersani sull'acquisto dei cacciabombardieri tanto discussi e la replica dell'Areonautica che ne difende il valore, la Rete per il Disarmo pone domande concrete sulla loro utilità in rapporto all'enorme spesa.
La Difesa convoca a Cameri la stampa per difendere l'acquisto dei cacciabombardieri F-35 ma non accetta un confronto con i critici del progetto. Come la Rete italiana per il disarmo, che alla luce delle ultime dichiarazioni sul tema (Bersani proprio ieri ha detto di voler rivedere al ribasso la spesa) sfida a un confronto le coalizioni politiche: "per decidere è necessario prima stabilire le priorità del Paese e il modello di Difesa che vogliamo, e partire da dati certi non dal balletto di cifre sempre modificate e smentite di fonte militare.
“Vogliamo parlare degli F-35, tornati al centro della discussione anche politica? Bene! Facciamolo allora seriamente con chi, come le organizzazioni che promuovono la campagna Taglia le ali alle armi, da tempo diffonde sulla partecipazione italiana al progetto di super-caccia dati ed analisi che puntualmente vengono poi confermate”. Questa è la sfida lanciata per bocca del coordinatore Francesco Vignarca da Rete disarmo ai candidati premier e ai partiti delle coalizioni che si presentano alle elezioni politiche ormai prossime.
"Dopo gli interventi e le dichiarazioni di vari leader negli ultimi giorni e una continua crescita del fronte del no al caccia nell’opinione pubblica, il disagio ed il nervosismo del Ministero della Difesa sono palesi. Tanto che l’Aeronautica Militare ha convocato in fretta e furia nella FACO di Cameri stampa e televisioni, per cercare disperatamente di portare ragioni all'acquisto inutile e costoso degli F-35", continua Vignarca. Ma i dati diffusi e riportati dai media, soprattutto sulla parte occupazionale, confermano in realtà quanto sostenuto dalle nostre campagne: i sempre ricordati 10mila posti di lavoro non saranno 'nuovi' ma solo ricollocazioni dalle vecchie linee Eurofighter, quelli sicuri negli stabilimenti di Cameri non arrivano nemmeno alle 2000 unità mentre per i restanti si parla fumosamente di 'indotto'".
“Chi garantisce che i complessivi diecimila posti non siano a tempo e magari impieghino il personale non pienamente? Mai si definisce per quanto dureranno tali contratti: stiamo parlando di una spesa di acquisto di oltre 13 miliardi e più di 40 miliardi per il gestione e mantenimento in tutto il ciclo di vita degli aerei: sono soldi sensati per un ritorno così misero?” si domanda don Renato Sacco, parroco nel novarese e da sempre attivo nei movimenti locali che si oppongono al caccia JSF, Joint strike fighter (l'altro nome degli F-35).
Ma il punto è soprattutto politico: “La Difesa anche ieri ha ripetuto ancora come unica giustificazione all'acquisto il fatto che gli F-35 sarebbero indispensabili senza approfondire il merito. Ma indispensabili per chi e per cosa?" commenta Massimo Paolicelli di Rete Disarmo. Nessuno si prende la briga di dire quale sia il modello di difesa di questo Paese e quali dovrebbero essere compiti che rendono così fondamentali questi cacciabombardieri d’attacco. Perché allora indispensabili sono anche le pensioni degli esodati, indispensabili sono i fondi e i materiali per le scuole (invece i genitori devono portare persino la carta igienica), indispensabili dovrebbero essere i soldi che garantiscono la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (invece messo in discussione); per molte famiglie indispensabili sono i fondi di sussidio e sussistenza per persone con disabilità ma su tutto questo, causa penuria di soldi pubblici, si taglia senza problemi e senza alcuna possibilità di replica. Cosa e dunque davvero indispensabile per i cittadini e le famiglie di questo Paese?"
“In questi anni di campagna più di una volta abbiamo chiesto un confronto sui numeri e sui dati al Ministero della Difesa ed anche negli ultimi mesi al Ministro-Ammiraglio Di Paola che ce lo ha sempre negato", sottolinea Vignarca, "forse perché sanno che i dati da noi pubblicati sono più completi e realistici: lo si è visto ad esempio sui costi di acquisto, che il Segretariato Generale della Difesa ha dovuto ritoccare verso l’alto rispetto alle prime stime arrivando alle cifre da sempre riferite da noi. Lo si vede anche ora per quanto riguarda i posti di lavoro: ma è dunque possibile prendere una decisione così problematica per la spesa pubblica senza una discussione seria sugli obiettivi e senza partire da dati realistici?”
Per questo motivo la Rete Italiana per il Disarmo interroga la politica e chi entrerà nel prossimo Parlamento: prima di decidere se dobbiamo davvero comprare gli F-35 è fondamentale domandarsi come vogliamo che sia costruita la difesa di questo paese e ancora di più quali vogliamo che siano le priorità per l'Italia e per i suoi cittadini.
Rete italiana per il Disarmo