GUERRA ALLA GUERRA!

Roma -

Mentre la popolazione italiana si trova costretta alla disoccupazione, ad affrontare l'aumento dell'inflazione, mentre diminuiscono le pensioni ed il potere d'acquisto dei salari, nel decreto legge sul finanziamento delle missioni internazionali il Governo italiano stanzia un totale di un miliardo di euro spalmato su missioni militari - alcune delle quali in territori sconosciuti come i 90 mila euro finiti all’unico soldato italiano impegnato nel valico di Rafah - e su progetti dalla dubbia utilità, come i 60 mila euro finiti al Centro che cura i rapporti tra Italia e Germania.

L’ultimo atto del governo Monti sarà approvato a giorni e andrà ad aggiungersi ad altri provvedimenti sui quali è doveroso porre un forte dissenso e mobilitarsi per la costruzione di un'alternativa che metta in primo piano il lavoro e il salario.

Il disegno di iniziativa governativa presentato dallo stesso Monti insieme al ministro degli Affari Esteri Terzi di Sant’Agata, quello della Difesa Di Paola e quello dell’Interno Cancellieri pone anche non poche perplessità sia per la mole di soldi messi a disposizione dallo Stato per le missioni che per la quantità di posti (a volte anche sconosciuti ai più) in cui il nostro Paese è impegnato con forze militari e per i tanti progetti finanziati dall’Italia all’estero e per l’estero, alcuni dei quali davvero assurdi.

Accanto alle missioni principali, più onerose e certamente più note (Afghanistan, Libia, Libano e Somalia), ce ne sono altre proprio sconosciute e per importi consideravoli:

  • 52 i milioni per i 465 militari (con tanto di aeromobile) ancora presenti nei Balcani

  • 33 milioni invece andranno per le forze militari impegnati nella missione portata avanti da Unione Europea e Nato “per il contrasto alla pirateria”

  • 6 milioni per le iniziative nel Cono d’Africa

  • 2 milioni per gli uomini che andranno in soccorso della polizia nigeriana

  • 223 mila euro per i solo 5 militari presenti ancora in territorio bosniaco

  • 195 mila euro per i soldati impegnati in Sudan

  • 200 mila euro destinati invece ai militari in Cipro (c’è una missione militare in Cipro?).

E poi, ancora, i posti sconosciuti ai più:

  • 848 mila euro per ben 13 militari italiani a Hebron

  • 90 mila euro per la “partecipazione di personale militare alla missione europea” nel famosissimo valico di Rafah.

    Domanda: a quanto ammonta questa “partecipazione”? Ad un solo soldato.

Per la missione in Afghanistan sono stati stanziati ben 15 milioni di euro che saranno però destinati ai presidi negli Emirati, in Bahrein, in Qatar e a Tampa, negli Stati Uniti.

Accanto ai finanziamenti diretti per le campagne militari, abbondano anche particolari finanziamenti per progetti, campagne, concorsi, dismissioni e donazioni decisamente particolari come, ad esempio, la cessione “a titolo gratuito alla Libia di effetti di vestiario e materiale per l’igiene personale”, tra cui 19.635 cinture kaki, 3.826 cravatte kaki, 2.374 camicie a maniche lunghe e 6.752 camicie a mezze maniche, 28 mila pantaloni e 6 pantaloncini. E ancora: 30 mila magliette di cotone e altrettanti slip, 80 mila tubetti di dentrificio, 150 mila saponi da toilette, 38 mila spazzole per scarpe, ben 2 milioni di rasoi.

Accanto a queste strane donazioni, troviamo anche dei finanziamenti per progetti non meno particolari come i 200 mila euro messi a disposizione in Libia per la “realizzazione di attività di formazione in favore di giornalisti e opinion makers, ma anche degli operatori tecnici responsabili della parte editoriale dei quotidiani e delle pubblicazioni libiche”.

317 mila euro in territorio siriano per la “assistenza tecnica internazionale nel settore giudiziario”.

40 mila euro per la missione di un team di esperti per promuovere in Siria l’adesione alla convenzione sulle armi chimiche. 

500 mila euro per la “riqualificazione e riorientamento di esperti siriani nel campo biologico e chimico in applicazioni pacifiche”.

Ma che significa?

Sarebbe auspicabile, invece delle risorse attualmente destinate alle "missioni internazionali", l'attuazione di una politica estera di distensione e promozione della pace, riducendo la produzione, la vendita e l'impiego degli armamenti e reinvestendo le risorse liberate nel budget nazionale in politiche coerenti di coesione sociale, aiuto e cooperazione internazionale allo sviluppo, attente alle tematiche trasversali delle relazioni di genere e della salvaguardia dell’ambiente.

A quando un paese normale?