Il Governo dei tecnici puri e trasparenti.
I migliori, quelli nati senza peccato originale, hanno qualche macchiolina nel curriculum vitae, qualche privilegio o addirittura qualche opacità.
Anche loro sfruttano i voli di stato, per tornare a casa dopo un incidente sugli sci, come il ministro della difesa Giampaolo Di Paola con un aereo pronto a Verona.
Avrebbero dovuto mettere in vetrina i loro guadagni, ma evidentemente Antonio Catricalà, Corrado Clini, Filippo Patroni Griffi fanno fatica a rintracciare i cedolini stipendiali.
Filippo Patroni Griffi, il successore di Brunetta, è il ministro con due cognomi e due stipendi: quello di titolare della Funzione pubblica e l’altro, incredibile ma legittimo, di presidente di sezione del Consiglio di Stato, in aspettativa da una vita.
Patroni Griffi è un supertecnico e da supertecnico ha vinto, dopo cinque sentenze, una battaglia spettacolare.
Spettacolare come la casa con vista sul Colosseo.
Spettacolare come il prezzo pagato nel 2008 per acquistare quei 109 metri catastali al primo piano di uno stabile di via monte Oppio: 177.754 euro.
La casa delle coincidenze ha il prezzo di una casa di fantasmi.
Mille e settecento euro al metro quadro nel centro di Roma non si pagherebbero nemmeno in un palazzo maledetto.
Il Superministro ha ingaggiato una feroce battaglia contro lo Stato e il Ministero dell’Economia, padrone del palazzo, e li ha piegati, passando attraverso i colleghi del Tar, poi per quelli del Consiglio di Stato e poi per la Corte Costituzionale.
Giulio Tremonti e il sottosegretario Maria Teresa Armosino si erano inventati una legge pur di non essere costretti a svendere l’immobile situato in una zona strepitosa della capitale. Ma non c’è stato niente da fare.
I magistrati amministrativi, con l’aiuto di due periti che lavoravano fianco a fianco con Angelo Balducci, quello della cricca, hanno stabilito che lo stabile di via monte Oppio era una casa popolare e non un immobile di pregio, come gridava l’Armosino.
Risultato: il miracolo che ha dissanguato lo Stato.
Patroni Griffi ha spuntato 1.630 euro al metro quadro, quando a pochi metri di distanza Claudio Scajola, aiutato però da una robusta iniezione di denaro degli onnipresenti amici della cricca, ha acquistato a 8.500 euro al metro quadro. Cinque volte di più.
Attenzione: chi era l’avvocato che ha aiutato Patroni Griffi nella delicatissima ed estenuante partita contro lo Stato?
È Carlo Malinconico, oggi strategico sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ieri presidente della Federazione Italiana Editori Giornali e prima ancora tante altre cose.
Qualche anno fa Malinconico era incappato in una singolarissima disavventura: era andato in vacanza in un hotel a cinque stelle dell’Argentario, in una suite da 1.500 euro a notte, e alla fine aveva trovato l’amara sorpresa.
Qualcuno, vai a sapere chi, aveva già saldato il conticino da 9.800 euro.
Un dramma.
Il vero benefattore è risultato l’imprenditore Francesco de Vito Piscicelli, amico di Balducci e della solita cricca.
Patroni Griffi e Malinconico non sono indagati ma lo stile pongono più di un punto di domanda.
Ebbene, mentre alcuni Tecnici arrancano sulle loro disavventure, Monti, Passera e la Fornero continuano a distruggere il welfare, i servizi pubblici ed il lavoro.
Il decreto sulle liberalizzazioni del governo Monti contiene misure che preparano la liquidazione di molti degli attuali servizi pubblici, compresa la privatizzazione del trasporto locale, degli altri servizi locali e dell'acqua, infischiandosene del voto di 27 milioni di italiani che si era espresso per il mantenimento dell'acqua pubblica.
Ma c'è anche la soppressione dell'obbligo dell'applicazione del contratto nazionale di settore nelle ferrovie, preludio questo ad un attacco più chirurgico rispetto all'intero impianto della contrattazione e soprattutto ai contratti nazionali.
E si parla anche di articolo 18 e quindi di libertà di licenziamento. In effetti qui l'attacco passa attraverso un sotterfugio: si introduce una frase, alla fine del 1° comma dello stesso art. 18, che allarga la platea di lavoratori ai quali non si applicheranno le tutele relative a quest'articolo dello Statuto dei Lavoratori; tutte quelle aziende cioè che procederanno a incorporazioni o che si fonderanno tra di loro potranno licenziare senza che sia prevista la tutela dell'art.18, se il numero dei lavoratori totale e derivante da tali unione non sarà superiore a 50.
Un provvedimento che rappresenta un grimaldello per poi attaccare le condizioni di lavoro e lo stesso articolo 18 nell'ambito dei più ampi provvedimenti sul lavoro che sono in preparazione.
A fronte di ciò Cgil, Cisl e Uil balbettano, si ricompattano al ribasso e chiedono un improponibile "patto sociale" che li riconosca attori di una nuova ed improbabile concertazione, invece di attaccare pesantemente il governo Monti.
Tutto ciò avviene proprio mentre i sondaggi ci dicono che la fiducia in Monti, da un livello quasi plebiscitario è in discesa ed è ora a circa il 50%; che l'84% degli italiani non condivide la necessità di ridurre il peso dello stato nei servizi socio-sanitari, il 90% per quel che riguarda l'istruzione e in generale il 79% (nel 2001 era il 69%) non esprime propensione verso il privato. Lo stesso sondaggio ci dice che soltanto il 36,6% degli italiani si fida dell'Unione Europea, il 22,7% della Banca Centrale Europea e solo il 15,4% delle banche italiane.
Insomma, sembra proprio che gli italiani non si fidino delle privatizzazioni, dell'Unione Europea, delle banche italiane e della BCE: tutto il contrario di ciò che il Presidente Napolitano, Monti e le forze politiche, sociali ed imprenditoriali che lo sostengono stanno cercando di far passare con provvedimenti urgenti finalizzati esclusivamente a preservare gli interessi delle imprese, delle banche italiane e straniere e della finanza internazionale.
Con le privatizzazioni e le liberalizzazioni, con gli attacchi ai diritti e alle condizioni dei lavoratori, con i “patti sociali” finalizzati alla commistione tra gli interessi delle aziende e delle centrali sindacali non si esce dalla crisi, anzi si peggiora e si scava un fossato sempre più profondo tra chi governa e il popolo.
USB e il sindacalismo di base invece hanno indetto lo SCIOPERO GENERALE per il 27 gennaio ed una grande manifestazione nazionale a Roma per la stessa giornata.
Una scadenza che, ne siamo convinti, dimostrerà il forte dissenso che si sta aggregando contro Monti e non soltanto contro le singole misure del suo governo.
Un'azione di lotta che si pone in contrasto anche con chi, a livello politico e sindacale, non si sta opponendo al massacro sociale che peserà essenzialmente sui lavoratori e sulle fasce di popolazione che già vivono una situazione di forte disagio.
Uno sciopero non soltanto utile a dimostrare dissenso, ma indispensabile per iniziare a bloccare un processo che, se non ostacolato, ridurrà milioni di italiani in condizioni di vera e propria povertà.