L'ammiraglio Di Paola è il nuovo Ministro della Difesa.

Roma -

17 gennaio 1995: primo caso di Governo Tecnico della repubblica italiana, interamente composto da esperti e funzionari non eletti al Parlamento, guidato da Lamberto DINI.

 

Unico caso dell'era repubblicana dal 14 luglio del 1946 con l’ex generale Domenico CORCIONE a guida del Ministero della Difesa. 

 

Per colpa dello spread e della crisi economica, si ripete il “caso” e al professor MONTI è affidato l’incarico per la composizione del nuovo Governo, un’impresa non certo facile poichè diventa un’operazione complessa che incrocia la matematica con la politica e le lobby con gli interessi dei partiti.

 

Non solo è in servizio, ma presiede il comitato che riunisce i capi di stato maggiore, massimo organo militare dell’Alleanza. Il parere del comitato, che elabora la strategia, è determinante nelle decisioni sull’uso della forza militare.

E’ stato dunque Di Paola, quale presidente del comitato, a dare l’OK alla guerra di Libia.

 

A questa massima carica nella Nato l’ammiraglio è arrivato dopo essere stato nominato nel 2001, in Italia, segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti e, nel 2004, capo di stato maggiore della difesa, incarico che ha mantenuto sia sotto il governo Berlusconi che sotto il governo Prodi, finché nel giugno 2008 è stato nominato presidente del comitato militare della Nato.

 

In veste di direttore nazionale degli armamenti, Di Paola firmò al Pentagono, il 24 giugno 2002, il memorandum d’intesa che impegnava l’Italia a partecipare, come partner di secondo livello, al programma del caccia statunitense Joint Strike Fighter, il che comporta per il nostro paese una spesa di oltre 15 miliardi di euro.

 

Una scelta non solo militare ma politica, che lega l’Italia ancora più strettamente al carro da guerra del Pentagono. Il Jsf, successivamente denominato F-35 Lightning perché «come un fulmine colpisce il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente», è un cacciabombardiere di quinta generazione concepito per le missioni di attacco, compreso il first strike nucleare.

 

In veste di capo di stato maggiore della difesa, l’ammiraglio Di Paola ha dato un importante contributo alla mutazione genetica delle forze armate italiane. Secondo la pianificazione da lui elaborata, si devono trasformare le forze armate in uno «strumento proiettabile», dotato di spiccata capacità «expeditionary» coerente col «livello di ambizione nazionale».

 

Tale modello è funzionale alla strategia di «proiezione di potenza» adottata dagli Stati uniti e quindi dalla Nato.

 

Si capisce quindi perché l’ammiraglio Di Paola sia uno dei militari più apprezzati al Pentagono.

 

E poiché sono gli Stati uniti ad avere la leadership indiscussa della Nato, la decisione di rimuovere anticipatamente l’ammiraglio Di Paola dalla sua alta carica nell’Alleanza, perché assuma quella di ministro italiano della difesa, è stata presa, prima che a Roma, a Washington.