Lettera al Ministro della Difesa ON. Elisabetta TRENTA

Al Ministro della Difesa
ON. Elisabetta TRENTA

Gentile Ministro, Nell’augurarLe buon lavoro per il delicato e importante incarico assunto da poche settimane, auspichiamo che l’aver scelto ancora una donna per la guida dell’Amministrazione Difesa rappresenti non solo un’espressiva novità nella politica di genere ma anche la possibilità di maggiore concretezza e sensibilità nell’affrontare questioni che inevitabilmente incidono sulla vita di tutto il Paese.

Di che tipo di Difesa ha bisogno il nostro territorio? E’ da qui che vorremmo partire per avviare una riflessione complessiva su scelte passate che abbiamo contrastato e i cui effetti
sono quanto mai attuali.

Il programma di acquisto degli F35, la Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale (Legge 244/2012), sono stati il segnale di un’economia di guerra basata sull’incremento degli armamenti che mal si coniuga con i veri bisogni dei cittadini e del territorio.

I Decreti discendenti dalla Legge Delega sulla revisione dello strumento Militare ancora una volta hanno colpito i Lavoratori Civili che avrebbero meritato di essere valorizzati secondo i compiti e funzioni svolti in questi anni con strumenti e attrezzature spesso inadeguate ed in condizioni di disagio a causa dei mancati obblighi riguardanti l’igiene e sicurezza sui luoghi di
lavoro.

I tagli previsti dai precitati provvedimenti, infatti, NON consentiranno inoltre al Personale di 1° AREA, in caso di mobilità, di trovare alcuna posizione utile presso altre amministrazioni della Funzione Pubblica o presso gli stessi Enti di Forza Armata, perché non più previsti nelle Tabelle Ordinative Organiche degli Enti. Uno dei tanti motivi per evitare di discriminare tale Categoria di Lavoratori che da anni svolge mansioni comparabili a quelli della 2 Area, il cui passaggio dovrebbe essere varato con una Legge che consenta tale passaggio per Tutti i Lavoratori appartenenti a tale categoria e la contestuale abrogazione della 1 Area.

Senza considerare infine le modalità concernenti il Transito del Personale Militare nei ruoli del Personale civile, avvenuto senza il benché minimo coinvolgimento delle OO.SS., nonostante il percorso partecipativo auspicato.

Viviamo in un Paese a continuo rischio di dissesto idrogeologico. E’ sufficiente qualche fenomeno atmosferico di maggiore intensità per determinare gravi calamità come frane e alluvioni, che non di rado assumono i contorni della tragedia per la perdita di vite umane. Gran parte del territorio è soggetto a fenomeni tellurici che, ciclicamente, portano distruzione e morte, anche per la mancanza di un continuo controllo delle aree a rischio, la cementificazione selvaggia e la criminosa attività di ditte di costruzioni che trovano nei poteri locali una compiacente connivenza.

Il nostro Paese non ha dunque bisogno di F35, indipendentemente dalla loro funzionalità, peraltro messa autorevolmente in discussione, così come non si ravvisa il bisogno d’incrementare gli armamenti. C’è piuttosto necessità di una Difesa civile del territorio e di una politica che sappia coniugare sicurezza e sviluppo. La componente militare unitamente a quella civile potrebbe essere meglio impiegata in compiti di messa in sicurezza del territorio e d’intervento in caso di disagi e calamità, molto più di quanto non sia stato fatto finora, mentre le maestranze che operano nel settore industriale e degli stabilimenti, altamente specializzate, potrebbero essere impiegati come formatori a costo zero, al fine di garantire, data l'età avanzata dei Lavoratori, il ricambio generazionale per le attività manutentive attualmente svolte, onde evitare l’affidamento a ditte esterne. Dovrebbero essere garantite in modo efficace le attività di soccorso in mare e di accoglienza delle masse di migranti in fuga da fame e guerre.

Una Difesa civile potrebbe essere utile al Paese al punto da richiedere maggiori investimenti al posto degli attuali tagli lineari, abbandonando una politica depressiva e restituendo a questa parte di pubblico impiego funzioni sociali coerenti con le attuali necessità.

In tale ottica, la dismissione del patrimonio immobiliare non deve rappresentare un affare per speculatori e immobiliaristi, per cui strutture come ex caserme potrebbero essere riconvertite ad uso sociale, quali l’edilizia scolastica o unità immobiliari da destinare alle famiglie disagiate, come si è tentato di fare in alcuni territori dove si è purtroppo immediatamente scatenata la repressione in nome della rivendicazione di una discutibile legalità, oppure si potrebbe pensare ad un utilizzo culturale, come centri di aggregazione sul territorio in cui restituire cultura ai cittadini senza quelle finalità di lucro proprie delle strutture private.

Molto si potrebbe fare, se solo prevalessero sensibilità, concretezza e interesse sociale. Diversamente, ci troveremo a dibattere sul modo meno doloroso di applicare una norma che mira unicamente a fare cassa e a determinare risparmi sulla pelle dei lavoratori, cercando di evitare mobilità forzate o, addirittura, licenziamenti, in nome di scelte politiche che sperperano denaro pubblico per l’acquisto di velivoli costosi e inaffidabili e di nuovi armamenti la cui manutenzione sarà sicuramente affidata all’esterno, con costi elevatissimi.

Accetti la sfida, Signor Ministro, convincendo il Governo ad avviare una riflessione su un diverso modello di Difesa.
Con cordialità.

Coordinamento Nazionale
USB Difesa
Sig. FERRULLI Costantino