Lettera aperta al Ministro della Difesa
Al Ministro della Difesa
Sen. Roberta Pinotti
SEDE
Lettera aperta al Ministro della Difesa
Gentile Ministro,
nell’augurarLe buon lavoro per il delicato e importante incarico assunto da poche settimane, auspichiamo che l’aver scelto una donna per la guida dell’Amministrazione Difesa rappresenti non solo una significativa novità nella politica di genere ma anche la possibilità di maggiore concretezza e sensibilità nell’affrontare questioni che inevitabilmente incidono sulla vita di tutto il Paese.
Di che tipo di Difesa ha bisogno il nostro territorio? E’ da qui che vorremmo partire per avviare una riflessione complessiva su scelte passate che abbiamo contrastato e i cui effetti sono quanto mai attuali.
Il programma di acquisto degli F35, la Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale (Legge 244/2012), sono il segnale di un’economia di guerra basata sull’incremento degli armamenti che mal si coniuga con i veri bisogni dei cittadini e del territorio.
Viviamo in un Paese in cui è evidente il grave stato di dissesto idrogeologico ed è sufficiente qualche fenomeno atmosferico di maggiore intensità per determinare gravi calamità come frane e alluvioni, che non di rado assumono i contorni della tragedia per la perdita di vite umane. Gran parte del territorio è soggetto a fenomeni tellurici che, ciclicamente, portano distruzione e morte, anche per la mancanza di un continuo controllo delle aree a rischio, la cementificazione selvaggia e la criminosa attività di ditte di costruzioni che trovano nei poteri locali una compiacente connivenza.
Il nostro Paese non ha dunque bisogno di F35, indipendentemente dalla loro funzionalità, peraltro messa autorevolmente in discussione, così come non si ravvisa il bisogno d’incrementare gli armamenti. C’è piuttosto necessità di una Difesa civile del territorio e di una politica che sappia coniugare sicurezza e sviluppo. La componente militare potrebbe essere meglio impiegata in compiti di messa in sicurezza del territorio e d’intervento in caso di disagi e calamità, molto più di quanto non sia stato fatto finora, mentre la componente civile, soprattutto le maestranze specializzate, potrebbero essere convertite alla protezione civile. Dovrebbero essere incrementate le attività di soccorso in mare e di accoglienza delle masse di migranti in fuga da fame e guerre.
Una Difesa civile potrebbe risultare utile al Paese al punto da richiedere maggiori investimenti al posto degli attuali tagli lineari, abbandonando una politica depressiva e restituendo a questa parte di pubblico impiego funzioni sociali coerenti con le attuali necessità.
In tale ottica, la dismissione del patrimonio immobiliare non deve rappresentare un affare per speculatori e immobiliaristi, ma strutture come ex caserme potrebbero essere riconvertite ad uso sociale, come abitazioni popolari, come si è tentato di fare in alcuni territori dove si è purtroppo immediatamente scatenata la repressione in nome del rispetto di una discutibile legalità, oppure si potrebbe pensare ad un loro utilizzo in ambito culturale, come centri di aggregazione sul territorio in cui restituire cultura ai cittadini senza quelle finalità di lucro proprie delle strutture private.
Molto si potrebbe fare, se solo prevalessero sensibilità, concretezza e interesse sociale. Diversamente, ci troveremo a dibattere sul modo meno doloroso di applicare una norma che mira unicamente a fare cassa e a determinare risparmi sulla pelle dei lavoratori, cercando di scongiurare mobilità forzate o, addirittura, licenziamenti, in nome di scelte politiche che sperperano denaro pubblico per l’acquisto di velivoli costosi e inaffidabili e di nuovi armamenti la cui manutenzione sarà sicuramente affidata all’esterno.
Accetti la sfida, Signor Ministro, convincendo il governo ad avviare una riflessione su un diverso modello di Difesa.
Con cordialità.
Roma, 10 marzo 2014
p. USB Pubblico Impiego
L. Romagnoli
p. USB Pubblico Impiego Difesa
A. Dorio / C. Ferrulli / G. Tarallo