Nuovi e vecchi manovratori dello strumento militare.
Sotto il baluardo della "grande coalizione" del governo Letta, il ministro Mauro e i sottosegretari Pinotti e Alfano, passando per i presidenti delle Commissioni Difesa della Camera e del Senato, si apprestano a gestire nei prossimi mesi i temi caldi della riforma dello strumento militare e dell'acquisto di nuovi armamenti, compresi i caccia F-35.
La mancanza di azioni e competenze specifiche sui temi della Difesa sembra accomunare il ministro a uno dei suoi sottosegretari, l'onorevole Gioacchino Alfano del Popolo delle Libertà.
Nelle passate legislature si è sempre occupato di Bilancio e Finanze, in qualche caso anche come relatore del decreto "Milleproroghe" che puntualmente è stato votato in Parlamento.
Diversamente, la senatrice Roberta Pinotti, l'altro sottosegretario di stato nominato dal governo Letta già membro della IV Commissione Difesa prima alla Camera dei Deputati e poi al Senato, si è dimostrata molto vicina alle posizioni dell'industria a produzione militare tanto che, tra i suoi primi atti, ha annunciato la priorità sulla questione industriale ed occupazionale di Fincantieri.
Seppur in continuità con quelle dei ministri e sottosegretari che l'hanno preceduta, la posizione della senatrice ci sembra piuttosto singolare poichè si sta parlando di un ruolo interno a dicasteri come quelli dell'Industria o Sviluppo Economico ma della Difesa.
Ruolo istituzionale che dovrebbe spingere ad occuparsi di organizzare al meglio questo ambito e non certo delle politiche industriali, anche se legate a produzioni militari.
Il governo guidato da Enrico Letta si troverà quindi ad affrontare nei prossimi mesi la riforma dello strumento militare, incentrata nella legge delega fatta approvare alla fine della scorsa legislatura dal ministro Di Paola.
L'azione della senatrice Pinotti su questo provvedimento in seno alla Commissione Difesa del Senato è stata molto chiara: nonostante altri esponenti del suo stesso partito avessero fin da subito richiesto audizioni e una discussione approfondita per modificare alcune parti del provvedimento presentato dal ministro sulle procedure di acquisizione di nuove armi, l'onorevole ha invece spinto per una discussione rapida e nessuna modifica.
L'imperativo di "fare presto", secondo i desiderata di Di Paola e della sua intenzione di potenziare l'acquisto di armamenti, è stato rispettato.
Spetterà al governo presentare i decreti delegati che dovrebbero rendere efficace, pur con i paletti della Legge delega, questa nuova ristrutturazione delle Forze Armate.
Una volta presentati i decreti, il Parlamento avrà sessanta giorni per esprimere un parere e impostare eventuali modifiche, altrimenti tutto rimarrà così com'è: quindi le Commissioni competenti avranno un ruolo decisivo e sarà molto importante vedere se la nuova struttura governativa continuerà sulla linea Di Paola o se deciderà di cambiare/modificare direzione.
E' quindi inevitabile conoscere quali sono i Presidenti recentemente eletti nelle Commissione Difesa, sia alla Camera che al Senato.
In entrambi i casi ci troviamo di fronte non a parlamentari che abbiano maturato in passato una specifica esperienza e competenza sul tema, ma a due esponenti sicuramente fidati per i vertici delle forze politiche di provenienza e che potranno quindi governare in maniera decisa e soprattutto legata alle direttive dei partiti.
Si tratta dell'onorevole Elio Vito (Pdl) che ha ricoperto per anni il ruolo di ministro per i Rapporti col Parlamento, conoscendo quindi molto bene le procedure e le dinamiche legate alle discussioni in aula e nelle Commissioni.
L'onorevole Nicola Latorre, tra gli esponenti del Partito Democratico più concilianti nei confronti del centrodestra, vicino alla fondazione Italianieuropei, che da sempre vede di buon occhio una modernizzazione spinta delle forze armate in un senso di aumento investimenti militari.
Le premesse appaiono quindi in continuità con gli ultimi mesi, ma non per questo USB Difesa si sottrarrà alla "competizione" per la modifica della riforma che allo stato attuale sembra non lasciare possibilità di manovra politica.