Prassi clientelare e favoritismo personale svalutano la funzione, la professionalità e la dignità dei dipendenti della Difesa.
Roma -
Dopo aver causato milioni di cassaintegrati, disoccupati e precari nel settore privato, la crisi ha colpito in questi ultimi anni prepotentemente il settore pubblico chiamato ad assumere il suo tradizionale ruolo di bancomat dei Governi.
La crisi, prodotta dalla finanziarizzazione dell'economia ed accentuata dal forte debito pubblico, è stata affrontata andando a tagliare, ancora una volta, i salari dei dipendenti della pubblica amministrazione, le pensioni ed i servizi pubblici.
Questi tagli serviranno da una parte a coprire i debiti contratti dalle banche nella loro folle corsa speculativa e, dall'altra, a ripianare i buchi di bilancio prodotti dalla corruzione e dall’evasione fiscale.
Il pubblico impiego ha rappresentato, ancora una volta, il posto sicuro dove andare a fare cassa ed il Ministero della Difesa non è stato risparmiato dalle manovre finanziarie messe in atto.
Ora si apre una fase che si preannuncia come un piano di ridimensionamento dello strumento militare: l’ammiraglio/ministro Di Paola ha dettato le cifre davanti alle Commissioni Difesa di Camera e Senato e si dovrà progressivamente scendere a 150.000 militari e 20.000 civili.
Una riduzione di 43.000 unità che il Ministro ha paragonato ad una ristrutturazione profonda che nel mondo dell’impresa verrebbe gestita attraverso gli strumenti della mobilità e della cassa integrazione.
E così i nodi vengono al pettine: anni di tagli lineari che non hanno affrontato i veri problemi e il contributo/supporto dei sindacati concertativi che ne hanno agevolato il percorso.
Oggi Di Paola parla di “insostenibilità” dello strumento militare e di ridimensionamento significativo, ma è il caso di rammentare che il modello di Difesa che oggi il responsabile del Dicastero considera “inadeguato” e i costosi programmi di armamento che ci impegneranno per i prossimi 25 anni, sono scelte che lo hanno visto tra i principali protagonisti.
Tra queste, quelle operazioni militari internazionali che non hanno impiegato una sola delle portaerei o dei cacciabombardieri e dei carri armati che hanno prosciugato il bilancio della Difesa impiegando risorse enormi.
Non servono né missioni internazionali né costosi armamenti.
Il Ministro della Difesa ha chiesto l’ampio sostegno del parlamento su una legge delega attraverso la quale il Governo intende individuare gli strumenti normativi per una revisione dello strumento militare che tenga conto anche delle esigenze del personale (????): dai tagli agli organici, agli esuberi, dalla chiusura e riorganizzazione di enti e strutture alla mobilità, dai trattamenti economici al futuro previdenziale al precariato.
Sono questi i passaggi fondamentali che richiederanno un’attenzione ed uno scrupoloso rispetto dei diritti e della dignità dei lavoratori civili della Difesa.
Ma chi provvederà a tutto questo?
L’esperienza del passato e l’attuale condizione lavorativa dei dipendenti civili della Difesa non ci lascia ben sperare, anzi.
Il personale civile è destinatario di una logica repressiva in termini di diritti e di salario come mai registrata negli annali.
Il saldo legame Amministrazione/Sindacato è l’espressione vessatoria, deleteria, oltraggiosa e spudorata mai sviluppata nei confronti dei lavoratori della Difesa in questo ultimo decennio.
Un connubio mortale che ha pianificato a tavolino, anche in prossimità delle prossime elezioni RSU, un’industriosa quanto ingannatrice attività sindacale per catalizzare l’attenzione degli elettori su temi quali la scheda di valutazione del personale e la revisione delle indennità con il fine di strappare ancora una volta il “dovuto consenso”.
Una rappresentazione del sindacato che vede ancora i suoi protagonisti cavalcare il consenso con pratiche clientelari e percorsi di favoritismo personale, se non addirittura per intere categorie, che offendono e sviliscono il ruolo, la professionalità e la dignità dei dipendenti della Difesa.
La USB Difesa si è sempre posta al servizio dei lavoratori e in difesa dei diritti come un vero sindacato dovrebbe, con coerenza e trasparenza.
La nostra speranza è riposta nella consapevolezza dei nostri colleghi dell’attuale condizione.