RIFORMA DELLO STRUMENTO MILITARE: nonostante la "crisi di Governo", la Camera dei Deputati approva la legge delega.

Roma -

Il progetto di riforma fortemente voluto dal Ministro Di Paola è diventato legge.

Un provvedimento nel segno degli F35.

Il Governo tecnico mette in salvo uno dei provvedimenti che gli sono più cari nonostante il caos dell’imminente caduta : la riforma della forze armate.

Tutto si ferma, tranne gli armamenti. 

Ieri pomeriggio a Montecitorio, deputati dai giorni contati, hanno votato la legge che delega un Governo che non c’è più a varare la riforma delle Forze Armate.

Le dimissioni di Monti sconvolgono il calendario parlamentare e fanno decadere fior di provvedimenti ma non intralciano l’ennesimo favore della politica all’industria bellica.

Sono mesi che USB Difesa ha evidenziato in tute le sedi, come nella piazza, la netta contrarietà per una riforma che determina:

  • lo spostamento di enormi risorse dalle spese per il personale all’investimento, eliminando posti di lavoro

  • l'utilizzo di tutti i risparmi per l'acquisto di armamenti

  • nessuna cancellazione degli sprechi e dei privilegi della "casta militare"

  • un impegno di 230 miliardi di euro per i prossimi 12 anni

  • un aumento di fatto della spesa pubblica

  • il pagamento dell'intervento dei militari per i comuni alluvionati o colpiti da una catastrofe naturale.

Ma la "riforma Di Paola" è un provvedimento nel segno degli F35.

I nuovi cacciabombardieri americani sono una vecchia passione dell’ammiraglio. È stato lui, esattamente dieci anni fa, nella veste di segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti, a firmare con il governo americano il memorandum che dava il via alla partecipazione italiana al progetto.

Fin da allora, il nuovo velivolo è stato pubblicizzato e proposto come strumento in grado di soddisfare “le esigenze delle nostre forze armate, anche grazie alla estrema versatilità”.

All’origine della legge delega oggi in votazione alla Camera c’è un tipico incidente della “maggioranza strana” che ha sostenuto il governo di Mario Monti.

Nella primavera scorsa ci fu il tentativo di fermare il progetto di acquisto degli F35 (il programma è sceso da 131 a 90 pezzi, per un costo complessivo che rimane attorno ai 12-15 miliardi di euro), ma non c’era una maggioranza disposta a fermare Di Paola.

Di Paola non ha perso tempo, e a tempo di record ha predisposto la legge delega, con cui si dà carta bianca al ministero della Difesa per riformarsi.

Il personale civile dovrà scendere da 33 mila a 20 mila unità, i militari dagli attuali 183 mila a 150 mila, i generali da 450 a 310.

L’obiettivo è di passare da un 70% della spesa in stipendi a 50%, 25% per spese di funzionamento e 25% in nuovi sistemi d’arma.

Come declamato dalla legge delega, ogni euro risparmiato chiudendo caserme ed esodando militari rimarrà a disposizione della Difesa per l’acquisto di nuove armi, deciso in totale autonomia se facente parte di progetti già varati.

Il ministero della Difesa è l’unico ad aver ottenuto dal governo Monti un aumento delle dotazioni finanziarie (oltre un miliardo nei prossimi tre anni) superiore ai tagli della spending review.

In realtà il taglio del personale della Difesa è stato già deciso dal governo Monti, e la riforma dello “strumento militare” serve soprattutto a inserirlo in un quadro dove le forze armate saranno numericamente agili e ben equipaggiate per essere pronti a intervenire in teatri di guerra lontani dai confini nazionali, anche con cacciabombardieri d’attacco.

Ciò che lascia perplessi molti parlamentari anche della (ex) maggioranza è la fretta di varare una riforma di tale portata che dispiegherà i suoi effetti nei prossimi 15-20 anni, con una sola seduta di discussione nell’aula di Montecitorio.

Non sappiamo se il ministro/ammiraglio Di Paola riusirà a continuare il lavoro fin qui già svolto ma sicuramente la designazione dei nuovi vertici militari di Stato Maggiore Difesa, Stato Maggiore Aeronautica e Stato Maggiore Marina, su proposta dello stesso ministro, ha molto a che fare con la garanzia e la fedeltà di gestire la riorganizzazione, contenuta nei decreti legislativi attuativi della legge delega sulla riduzione dello strumento militare nazionale, secondo i dettami del suo animatore.

Usb Difesa continuerà a svolgere il suo ruolo in opposizione a questa riforma "epocale" che mette in serio pericolo migliaia di posti di lavoro ma anche la pace e la democrazia nel nostro paese.